Grassanesi nel mondo: un racconto da Torino

05.01.2015 19:43

                                              Grassanesi nel mondo 

 

    

E' bello sapere che ci sono dei giovani grassanesi disposti ad offrire le loro idde, la  più grande ricchezza che posseggono, per migliorare e valorizzare il mondo in cui vivono; è bello sapere che lo fanno attraverso l'aggregazione e con gli strumenti a loro disopsizione. La vostra rubrica ha attratto la mia curiosità ed eccomi a condividere alcuni ricordi.                                                                                                  
Il passare del tempo fa venire allo scoperto lentamente, come nelle querce secolari, le radici da cui affiorano immagini ed emozioni. Sciascia afferma  che "..tutti amano il paese in cui sono nati"e Grassano è la mia metafora dell'amicizia, della giovinezza, delle illusioni. E' lì che si sono svolti i primi giochi dell'infanzia, nelle vie costellate dai "lammiun", lontano dallo sguardo dei genitori; tanto vi era sempre qualcuno pronto ad intervenire. Di televisione ce ne era ben poca e la fantasia e la creatività erano stimolati dalla continua ricerca di nuovi giochi.                           
Uno dei passatempi preferiti consisteva nel seguire, a dovuta distanza, alcuni personaggi tipici del paese. "U scettabann", per esempio, un uomo vestito in maniera stravagante che girava in lungo ed in largo e, dopo aver dato fiato ad un vecchio corno di ottone, sempre appeso al suo collo, annunciava l'arrivo sulla pubblica piazza, di questo o quel venditore ambulante, vantando la qualità della merce :"...è arrivato u pesce...". Indimenticabili i grandi mucchi di gran turco, ammassati davanti alle stalle dei contadini e le donne del vicinato che lo sfogliavano e raccontavano, raccontavano, cantavano, cantavano. La sera, poi, attorno al focolare di qualche anziana vicina, ad ascoltare le storie "du u monachecch" o " du cavadd senza cap ". Ritornare a casa era una volata, con il cuore in gola, e durante la notte i passi del cavallo erano sempre più vicini. Mi avvolge e mi consola la visione dei paesaggi lunari dei calanghi, delle immense distese dei campi dai colori sfumati, il profumo del grano maturo e delle viti e.... la profondità del silenzio. Il silenzio dei pomeriggi assolati, quando "du u cor du caud" , tra gli sterpi delle campagne o   sulla "loggia della chiesa madre " si diventava tutt' uno con la natura e partecipi della sua essenza. La chiesa madre a cui Levi ha dedicato pagine memorabili. Il mio incontro con il "Cristo si è fermato ad Eboli è avvenuto sui banchi della scuola media, grazie all' indimenticabile prof. Lorusso, che riusciva a cuinvolgere ragazzi, a malapena capaci di espremersi in italiano, con versi di Dante e pagine di Scotellaro. Ho amato molto quest'opera, tanto da divenire ispirazione per la mia tesi di laurea, che ho intitolato "Cristo si à fermato ad Eboli visto dai grassanesi e dagli alianesi". La lucania deve molto a " don Carlo ", così lo chiamavano i suoi amati contadini. E anche io devo molto al mio paese, alla mia famiglia, ai miei maestri: l'onorevole Ambrico, il prof. Calciano, il direttore Paone, il prof. Lorusso. Hanno fatto nascere in me e in molti della mia generazione, l'amore per le lettere e la pedagogia. Spero che queste mie nostalgie  non vi facciano pensare che abbia vissuto la mia vita "con i piedi al Nord e la testa al Sud ", come hanno fatto molti dei nostri emigranti. Mi riferisco ai "mericani" ed ai "germanesi", che vedevano nel ritorno al mondo d 'origine il luogo in cui poter riordinare i tasselli di un' identità frantumata. Sento l'emigrazione, il viaggio, non come un percorso doloroso, ma una ricchezza. Ho letto un intervento scirtto sulla vostra rubrica da una ragazza di grassano, attualmente in Russia per lavoro, che sento vicino alla mia posizione. Conoscere persone di altri luoghi, parlare diverse lingue, acquisire sguardi molteplici, non può essere che una ricchezza. Carmine Abate, vincitore del " Premio Campiello" 2012, sostiene che bisogna vivere per addizioni, prendendo il meglio di qua e di là, andando alla ricerca non dell' idendità pura, bensì delle trasformazioni e dell'affascinante intreccio dell'idendità. Ognuno di noi porta dentro le radici della terra dei padri, quelle di nascita e quelle della vita. Il mio orgoglio di appartenenza è ugualmente forte: mi emoziono davanti al presepe del maestro  Artese, alla lettura delle liriche  di Maddalena Bonelli, che ho avuto il piacere di presentare al Circolo dei lettori di Torino  e alle pagine dedicate dal dott. Calciano per mantenere vivo il ricordo di Giuseppe Porsia. Apprezzo e seguo con interesse le vostre iniziative e quelle  dell'associazione Syskrack .

Vi invito  a proseguire perchè contribuite e lottate per il miglioramento sociale e mantenete vivi i legami con coloro che sono lontani.                              
                                                                              

Un caloroso saluto                                    
                                                                                                                                        Grazia Verre