Il fuoco di San Giuseppe
TRADIZIONI
In un tempo passato ma non così lontano nella memoria di chi scrive c’era una certa semplicità nel fare le cose che rendeva speciali i semplici gesti e genuini i modi di vivere.
Era in quella semplicità che i ragazzi già dalle elementari amavano riunirsi già verso gennaio-febbraio per formare delle squadre che ogni week-end portassero a termine una missione che li rendeva dei piccoli James Bond che dovevano salvare il mondo!
Era in quei freddi sabato pomeriggio che i ragazzi si radunavano e studiavano le campagne vicine per capire da dove poter reperire l’oggetto più importante affinché potessero avere il fuoco più grande di tutti: le frasche!
Semplici frasche di ulivo che dopo la potatura venivano utilizzate per il fuoco di San Giuseppe, tradizione che a Grassano ha origini nella notte dei tempi e che ancora oggi viene tramandata annualmente tra i ragazzi.
Ricordo a quei tempi che noi più piccoli facevamo affidamento su personaggi più grandi di noi, ragazzi o adulti, che ci aiutavano a proteggere il nostro fortino e le nostre frasche che ogni sabato erano in pericolo e rischiavano di essere sottratte da altri gruppi di ragazzi che avrebbero realizzato il fuoco in altri quartieri del paese.
Soprattutto nelle settimane immediatamente precedenti alla sera del 18, aumentava la frenesia tra noi e proporzionalmente anche le frasche, perché ormai era imminente l’evento e sarebbe stato difficile trasportarle tutte dalle campagne al luogo del fuoco nel giorno stesso dell’evento.
A quei tempi si era bambini davvero: si faceva a gara a tuffarsi sul cumulo di frasche, come se invece che da un acquedotto comunale o da una scalinata, ci si stesse tuffando da uno scoglio del Salento. Così come si faceva a gara a trasportare il “fascio” di frasche più grosso e pesante perché era il modo di dimostrare che si teneva più di tutto a fare il fuoco più grande possibile.
La sera del fuoco poi la festa era sempre assicurata: le signore più anziane erano in prima fila con l’immancabile sedia portata da casa e pregavano sommessamente col rosario stretto tra le mani, mentre noi facevamo a gara a chi lanciava più frasche nel fuoco, anche se poi alla fine erano sempre “gli adulti” a farlo per noi per accelerare le operazioni e andare a casa quanto prima, a differenza nostra che temporeggiavamo e mettevamo le frasche nel fuoco a “ciuffi” anziché a “fasci”!
La serata trascorreva mangiando patate cotte sotto la cenere e bibite di ogni tipo. Era bello giocare così, ti faceva sentire parte di qualcosa e capivi l’importanza delle tradizioni.
Anche ieri la tradizione si è ripetuta e ci auguriamo che ogni anno questa ed altre tradizioni di Grassano possano continuare a svolgersi e a ripetersi con l’unione e l’appartenenza che le contraddistingue.
Buona festa del papà
Giancarlo Bronzino