La Basilicata e il petrolio

10.10.2014 09:17

                                               Basilicata e  petrolio

 

Basilicata e petrolio. Binomio molto discusso da anni, ma soprattutto negli ultimi mesi, a causa delle dichiarazioni di Renzi. La situazione può essere analizzata da più punti di vista.

Noi di Vox populi vogliamo presentarne due, quello di Francesco Pirrone e quello di Nicola Canitano.

                                                                              

 

Ci risiamo. La Basilicata riceve altre due sconfitte sulla tanto agognata e irrisolvibile vicenda petrolifera. Si potrebbe scrivere una libro su questa vicenda, ma non una favola in cui il buono vince sul cattivo. E no, questa è una storia dal sapore amaro, in cui realisticamente il più grande mangia il più piccolo. C’è una regione, in pieni anni 90, anni in cui è partito un innesco che ha portato all’esplosione della crisi che ha coinvolto anche la nostra regione, qualche anno fa. Ebbene, in questi anni la Basilicata è investita dal “boom” petrolifero: questa sostanza nera che potrebbe far sorgere un “texas” italiano in una realtà che ha sempre giocato un ruolo secondario in tutte le vicende storiche. La regione quindi stipula dei protocolli con lo Stato e soprattutto con i cattivi della storia, le compagnie petrolifere; nei protocolli d’intesa ci sono promesse pazzesche: sviluppo industriale, posti di lavoro, infrastrutture adeguate, sicurezza ambientale e soprattutto soldi, anche se una miseria rispetto al totale, ma abbastanza da poter investire in progetti per il tanto agognato passo in avanti che la nostra terra non ha mai fatto. Purtroppo questa storia non è ancora finita e, per come stanno le cose, il finale sarà molto aspro e tragico. Sviluppo industriale pari a zero, posti di lavoro carenti , infrastrutture penose, accertamenti ambientali inesistenti con la perdita per inquinamento di posti stupendi proprio perché incontaminati, e soltanto soldi utili solo a tappare i buchi economici provocati da questo disastro. In tutta questa situazione arrivano altri due colpi che hanno l’aspetto del colpo di grazia per l’amata terra. Con il decreto “Sblocca Italia” lo Stato toglie il diritto di veto a nuove trivellazioni approfittando della bocciatura di un ricorso del 2009 in cui la Regione pretendeva lo stop a nuove trivellazioni. Il governo intende quindi perforare di nuovo avendo trovato addirittura nuovi siti, anche marittimi. Questo significherebbe un ulteriore beffa per noi lucani, popolo di viaggiatori e conseguentemente sognatori, illusi ancora di vedere una Basilicata migliore. Un altro punto di contraddizione, su cui è incentrato il dibattito, è l’esclusione delle royalties dal patto di stabilità. Questo consentirebbe alla regione di reinvestire i ricavi del petrolio che andrebbero ad aggiungersi a quei 515 milioni stabiliti dal patto che servono solo a pagare i debiti accumulati negli anni.

                        È ora di dire basta e di provare ad ottenere ciò che è nostro.

                                        È ora di riprenderci la nostra Terra.


                                                                                                                                   Francesco Pirrone

 

Il petrolio in Basilicata non va estratto. Le cause di questa decisione “a furor di popolo” sono principalmente due:

1) Cosiddetta sindrome del “not in my back yard” (non nel mio cortile), in ragione della quale ognuno risulta convinto della bontà di una decisione, basta che le conseguenze di questa si manifestino sufficientemente lontano da casa propria.

E', in fondo, una reazione più che comprensibile. La causa di questa paura intrinseca è da ricercarsi nell'idea, piuttosto diffusa (probabilmente a ragione) che le cose non vengano fatte come dovrebbero, per cui, ad esempio, i controlli ambientali in Val d'Agri vengono affidati alla Esso o ad altre società, che fungono da controllori e controllati. Come può la gente essere d'accordo con l'estrazione del petrolio, se sa già che gli svantaggi possibili sono miliardi (da malattie a inquinamento) e che si verificheranno sicuramente, considerata l'assenza totale di controlli, mentre i pochi vantaggi finiscono spesso per essere una presa in giro? Si veda, di nuovo, il caso della Val d'Agri. Alle promesse di prosperità e lavoro ormai non crede più nessuno, mentre è evidente il grado di inquinamento di un territorio una volta incontaminato.

2) Sbandieramento delle energie alternative. Sul fatto che sono sicuramente queste le basi del nostro futuro, energeticamente parlando, nessuno può essere in disaccordo. Discorso diverso è però dire che, ad oggi, sia possibile fare completamente a meno dei combustibili fossili. Ad oggi l'eolico e il solare possono integrare il petrolio, non sostituirlo.

Considerati entrambi i problemi, a livello teorico, la soluzione non sarebbe difficile.

Il petrolio potrebbe essere estratto, stabilendo accordi seri per quanto riguarda royalties e posti di lavoro, con pene pesanti in caso di mancato rispetto degli standard ambientali. Parte dei ricavati potrebbe poi essere utilizzata per elaborare progetti di ricerca nel campo delle energie alternative.

Le conseguenze non sarebbero banali: oltre alle entrate direttamente dovute alle royalties si andrebbe in questo modo a favorire un settore potenzialmente illimitato, con prospettive di sviluppo reali. Però, probabilmente, questo discorso risulta possibile solo in un mondo utopico, in cui le persone sono oneste e i politici fanno davvero il loro lavoro.

                           

                             Dovrebbe essere bello vivere in un posto così, peccato.

 

                                                                                                                                   Nicola Canitano