La festa di Sant'Innocenzo - Dialogo tra nonno e nipote

17.09.2016 15:11

                                 LA FESTA DI SANT'INNOCENZO 

                            DIALOGO TRA UN NONNO E UN NIPOTE

Il ritorno degli emigranti e la festività patronale sono da sempre il connubio che lega tante persone alla loro terra natia.

                                               

(Foto - Henri Cartier-Bresson, Pèlerinage de Saint-Innocent, Grassano, Basilicate, Italie, 1973)

 

“Grazie di tutto, ci vediamo l’estate prossima,se Dio vuole, mi raccomando statevi bene e riguardatevi,ci sentiamo per telefono…”

Con queste parole,sul fare della fine di agosto, ma già subito dopo la festività del ferragosto, gli emigranti che sono tornati durante l’estate nei nostri splendidi paesi salutano i loro cari per far ritorno nelle città del nord Italia (i più fortunati ) o nei Pesi più lontani del nord Europa, del Canada, di Stati Uniti e Australia, per i tanti che hanno dovuto abbandonare nel corso del secolo passato i nostri territori per cercare lavoro e fortuna altrove. Molti ,i capostipite, sono mancati nel corso degli anni; ma i loro figli e nipoti continuano a trascorrere parte dell’anno,soprattutto la stagione estiva, in questi Paeselli dove il tempo sembra essersi fermato: segno, questo, di un attaccamento alla famiglia ,alla cultura e alle tradizioni, mai venuto meno e tramandato negli anni.

Sul finire di agosto, dunque, questi nostri Paesi tornano ad essere i piccoli presepi abitati dagli anziani e dai giovani che ancora restano ed ai quali sono affidate le speranze di rinascita. Negozi, bar e piazze tornano a svuotarsi; ciascuno torna alle occupazioni di sempre già cominciando a contare i giorni che mancano alla prossima estate. A Grassano però è diverso, quando il tempo astronomico segna l'equinozio di autunno - il giorno è il 23 settembre - a Grassano la fine dell’estate porta con sè la celebrazione del Patrono Sant'Innocenzo, venerato nella Chiesa Madre. La festa ha luogo lungo l’antico corso del paese (via Umberto I°) e nella zona detta di “punton” dove, per alcuni giorni, sostano bancarelle e giostre per il divertimento di tutti. Non mancano i fuochi di artificio e l’orchestra che suona in piazza Purgatorio.

 

Nicola, il nonno, durante un appassionato dialogo con Nicola, il nipote, ricorda il bel tempo che fu; da questa chiacchierata viene fuori una vera e propria "intervista" sulla Festa Patronale e sulle tradizioni che con il tempo, piano piano, si dimenticano.

Il nonno, come un fiume in piena, rievoca tanti ricordi di gioventù.

 

“Nonno era importante per te la festa Patronale? “

Puoi dirlo forte!

La festa patronale è il momento atteso da tutti; il giorno in cui tutti coloro che ne hanno la possibilità tornano al Paese; il giorno in cui tutti, dai più piccoli ai piu’ anziani, mettono il vestito e le scarpe nuove acquistate e tenute gelosamente conservate;  il giorno in cui tutta la famiglia, dopo aver partecipato alla Santa Messa delle 11:00 e aver ricevuto la spiga di Grano si riunisce a pranzo e  celebra intorno al tavolo agghindato per l’occasione dalle mani esperte e dalla bravura che solo le donne di queste terre sanno esprimere, davanti ai gustosi piatti tipi della tradizione come "u pddastridd" (in foto). 

                                       

 

“Come iniziava la festa?”

Ad aprire le celebrazioni  c'era la tradizionale fiera - mercato di abbigliamento, di calzature, di tessuti e di articoli casalighi in esposizione lungo l'asse di via Meridionale. Ti dirò Nicola, questo  mercato è  assai imponente, pensa che in passato durava tre giorni!

Già allora i forestieri accorrevano “a vendere e comprar merci ed altre cose, essendosi sempre così praticato ab immemorabilis…”.  Poi si alternavano  giorni e momenti di religiosità e di divertimento.

Il girono della sua festa (22 settembre) grandi lodi venivano tributate a Sant’Innocenzo con una processione seguita da una moltitudine di persone. Un tempo si faceva a gara per vestirsi da soldato della legione romana.. Era un onore portare a spalla il Santo protettore della città!

 

“Dai, descrivimi un po’ questa processione!”

Il corteo liturgico era preceduto da cavalli e muli carichi di grano, vino e frutta secca che, riposti in un locale attiguo alla chiesa Madre, venivano poi venduti per far fronte alle numerose spese dei festeggiamenti. Tra le due ali dei fedeli troneggiavano le Macinole, portate sul capo da alcune devote che procedevano lentamente, muovevano i loro passi in sincronia con quelli delle donne che reggevano i lunghi nastri variopinti pendenti dalla base. Tutte cantavano in coro. Soltanto una di esse elevava la sua voce, mentre le altre, dopo ogni strofa del canto, ne intonavano il ritornello.

Lo spostamento della statua dalla sua sede naturale, la chiesa Madre, al Purgatorio  era di natura agreste e non punitiva. In processione non veniva portata la statua d’argento, perché custodita, per salvaguardarla da eventuali furti sacrileghi, nella casa dell’Arciprete, né quella in posizione eretta. Questa, in alcun modo, poteva essere rimossa dalla nicchia dell’altare privilegiato, poiché era credenza comune che un suo spostamento sarebbe stato senz’altro causa di terremoto. Per questi motivi era portata in processione la statua lignea a mezzo busto, nel cui reliquiario era contenuto un resto mortale del Santo martire: un pezzo di mascella. La reliquia nel passato era esposta perennemente alla venerazione dei fedeli e veniva fatta baciare, dopo l’incensamento, il giorno della “scarcerazione”, con l’inizio della novena.

La processione del “carcerazione” e dello “scarceramento” del Santo era accompagnata da poche persone, come se si trattasse di una cosa fatta in privato.

 

Tutt’ora la processione è l’evento centrale della festa patronale. Tutto il Paese è coinvolto. Le donne, giovani e anziani: tutti  seguono ordinatamente la statua che rappresenta il Santo Patrono, un mezzo busto completamente in argento. Subito dopo le Autorità civili e militari e i bambini curiosi che si spintonano dietro la banda per seguire il suono degli strumenti musicali. Le strade pulite e sgomberate dalle auto si riempiono di gente.

 

“Nonno! Raccontami un po’ di questa carcerazione di Sant'Innocenzo!”

Una vecchia tradizione vuole che Sant’Innocenzo sia stato messo in “carcere” prima del martirio. Il periodo della “carcerazione”, della durata di tre mesi, iniziava la prima domenica di maggio e terminava il 12 settembre. La sede della “prigione” era la chiesa del Purgatorio. Non perché il Santo avesse delle colpe da espiare, ma perché di lì potesse meglio e più da vicino guardare la campagna, per proteggere le messi dai temporali.

 

“Ma già ai tuoi tempi gli emigranti tornavano per la festa?”

Sai, per la buona riuscita della festa non mancavano mai le rimesse dei grassanesi emigrati in America, i quali, lo stesso giorno festeggiavano solennemente il Santo Patrono del loro paese portandolo in processione per Pacific Street (New York), tra spari e suoni di banda.

 

“Nonno ma perchè il protettore di Grassano è proprio Sant’Innocenzo? “

Su come sia finito questo Santo-guerriero a proteggere la nostra piccola comunità è presto detto, vuole la tradizione che nel 1646 il Pontefice decidesse di assegnare le reliquie dei Santi della legione Tebea ad alcuni paesi e tra questi furono scelti alcuni comuni lucani essendo, proprio la Basilicata, la regione in cui  si rifugiò Massimiano, ovvero colui che materialmente ordinò l’uccisione di S. Innocenzo e degli altri martiri della legione Tebea.

 

“Cosa ti manca di più della festa di un tempo?”

Nel passato la festività era molto sentita dal popolo grassanese, soprattutto erano un’occasione per interrompere la monotonia del lavoro quotidiano ed era vissuta come un momento di dialogo con il Santo. Le processioni erano colorati caroselli che attraversavano il paese spesso accompagnate da donne scalze, in segno di devozione o per grazia ricevuta, e si snodavano lungo quella che era detta “a strad procissiunal“, che comprendeva via Chiesa, via Forno, corso Umberto I e via Roma. Gli uomini portavano, come portano tutt’ora, la statua del Santo a spalla mentre le donne sostenevano il baldacchino. Di tanto in tanto il corteo si fermava, perché dalle case uscivano i devoti per appendere banconote al nastro bianco che era legato alla statua del Santo. Era quella una religiosità chiassosa e sincera.

                                                       

 

“Credi che la festa sarà ancora così importante per Grassano quando sarò nonno anch’io?”

Questo dipende esclusivamente da te Nicola. Da te e dal tuo vicino di banco, i tuoi compagni di merende e gli amici del parco giochi. Dipende dal modo in cui riuscirete a conservare il passato e costruire il futuro facendo tesoro delle esperienze vissute da voi stessi o da chi, come me, ha un paio di anni in più sulle spalle, ma tanta voglia di ricordare e diffondere i vecchi profumi e le antiche usanze di una festa  che speriamo non tramonti mai.

La tua curiosità e il tuo interesse per il mio passato, che infondo è il passato del paesino in cui vivi, sono già un buon segno.

Abbiamo lo stesso nome

E nel cuore, ne sono certo, lo stesso amore per questa terra meravigliosa.

 

                                                                                                                         Ivana Calabrese

                                                                                                                         Michele Incampo