La mia “lucanità” nel mondo

19.10.2014 11:13

    

       Vox Populi incontra il maestro, grassanese nel mondo dal 1980

  Franco Artese esalta le proprie radici rendendo la "lucanità" un punto di forza dall'inestimabile valore.

                                             

"Il rapporto che ho con la mia terra è sempre stato stupendo.
Portare la Basilicata nel mondo, davanti a milioni di persone è il mio modo di trasmettere la mia lucanità.
Ciò che mi rende particolarmente fiero è sapere che il presepe fa sentire tutti più lucani, anche solo per un attimo, perchè ritrovare la propria terra in un'altra parte del mondo e vederla sotto gli occhi di tutti ci inorgoglisce. Questa è una grande soddisfazione per me."

Ammettiamolo. Noi lucani, il più delle volte, non siamo particolarmente fieri delle nostre origini. Abbiamo molto da imparare da chi come Franco Artese, esponente della scuola presepistica meridionale, esalta le proprie radici rendendo la "lucanità" un punto di forza dall'inestimabile valore. 

( Il maestro Artese insieme con il governatore dello stato del  Goiàs, il rettore della Pontificia Università Cattolica di Goiania e Mons. Washington)

 

"La realizzazione di un presepe dura in media dai 3 ai 5 mesi; l'esigenza di esibire al mondo intero la bellezza del presepe francescano mi ha dato la possibilità di viaggiare ovunque, mostrando la bellezza di una regione ignorata e sconosciuta ai cittadini di New York, Roma, Betlemme e Goiânia." -spiega Artese

Il vero soggetto delle opere del maestro è quel paesaggio che cattura, che affascina e sorprende, che rappresenta la parte più bella (ma spesso dimenticata) della nostra regione.
Riprodurre gli scorci della vecchia Grassano anni '50 o dei Sassi di Matera significa dimostrare a tutti (lucani compresi) che la Basilicata non ha nulla da invidiare al resto del mondo.
A eccezione dello spirito di coesione.
L’impegno del singolo che ha combattuto a lungo per far valere la sua parola su quella degli altri, ha portato più volte la nostra regione sotto i riflettori. 

Solo in quel momento “gli altri”, quelli che vivono ogni giorno sognando di lasciare “questo posto”, diventano miracolosamente orgogliosi. L’appartenenza ad un comune lucano, motivo della loro frustrazione, si trasforma in un vanto.

"Credo che per la Lucania sia tempo di cambiare, di aprirsi." -esordisce il maestro

"Valutare meglio il da farsi, sfruttare le innumerevoli risorse che abbiamo a disposizione, far emergere le nostre vere potenzialità.
Matera 2019 sarà un'occasione preziosa per la regione.
Adoro Matera, l'ho portata ovunque, spero con tutto il cuore che al momento opportuno riesca a coinvolgere anche i paesini limitrofi, che le hanno dato un contributo enorme per raggiungere questo importante risultato."

Artese rappresenta la Basilicata del passato e vive in quella contemporanea; sottolinea l’importanza della collaborazione, chiave dello sviluppo, base su cui edificare la regione del futuro.
Da fervido sostenitore delle associazioni giovanili qual è, il maestro sottolinea più volte l'importanza dello spirito di gruppo e dell'iniziativa; Non importa se i giovani si trovano da soli a lottare per un futuro migliore, non importa se quei giovani sono figli di una generazione di adulti disillusi che il più delle volte li scoraggia:

"ciò che conta è crederci e continuare a creare.
Creare eventi, rianimare le strade, avvicinarsi alla cultura.
Creare una mentalità nuova sfruttando, oltre ai famosi social, ogni altro mezzo a nostra disposizione.
Creare il giusto clima affinchè tutti si rendano conto della ricchezza del nostro territorio"

Quello stesso territorio che Franco Artese porta con sè in ogni suo viaggio, quel territorio che non smette mai di regalare emozioni a chi la Basilicata non la conosce affatto.
Noi abbiamo la fortuna di viverla.
L'opera d'arte più bella del mondo è davanti ai nostri occhi, ma purtroppo noi lucani siamo ciechi.
Il disprezzo deriva dall'ignoranza, la nostra più grave malattia.
Fortunatamente non è detto che sia incurabile!

                                                                                                                               Ivana Calabrese

 

“Non tutte le prigioni hanno le sbarre: molte sono meno evidenti ed è difficile evadere perché non sappiamo di esserne prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l’immaginazione, fonte di creatività.“   (Henry Laborit)