Se questo è un uomo
SE QUESTO È UN UOMO
Le parole giuste per poter cominciare un articolo del genere non è facile trovarle. Quando ti appresti a scrivere contro un’irregolarità amministrativa, per sponsorizzare un evento, o per annunciare una novità in paese le parole scorrono a fiumi di pari passo all’entusiasmo.
Quando sai che stai scrivendo per difendere la dignità di altri esseri umani, persone come te, e sai che lo stai facendo per difenderli dal tuo vicino di casa, dal tuo amichetto di banco, allora la sensazione è diversa: le parole scorrono lente e nere come la melassa dentro di te. Quello stesso nero caratteristico dei lutti, dei tanti a cui abbiamo assistito, dalle vittime di Amatrice al piccolo Aylan Kurdi, che giaceva senza vita a faccia in giù, tra la schiuma delle onde che bagnano Bodrum. Quello stesso nero, che è tornato a macchiare le coscienze di molti, non come segno di lutto, ma come sentimento politico mosso dall’intolleranza, che è la diretta conseguenza della paura.
Ed è in questi momenti che serve più che mai rispolverare quel motto tanto pungente, quanto facile da seppellire, che Don Gallo non si stancava mai di pronunciare davanti agli “ultimi”, ai suoi ragazzi, quel “Restiamo Umani!”.
Per quei pochi che ancora non fossero al corrente degli ultimi avvenimenti, che stanno scuotendo la nostra Grassano, facciamo un piccolo riassunto:
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Alla Basilicata, come a tutte le altre Regioni d’Italia, e nello specifico ai singoli paesi che le compongono, spetta una quota di attribuzione di quei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, che ormai da qualche anno sbarcano con flussi incessanti sulle coste italiane, a causa del terremoto politico che sta scuotendo il Continente Africano e tutto il Medioriente.
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A Grassano sono stati assegnati 30 richiedenti asilo, il tetto massimo per i comuni con una popolazione da 5.000 a 15.000 abitanti. Ad occuparsi di loro sarà la Cooperativa La Mimosa, che in ambito socio-sanitario rappresenta una garanzia, alla luce della sua presenza sul territorio ultratrentennale. Il ruolo della cooperativa sarà quello di attuare progetti di accoglienza integrata e quindi, come richiesto dalla legge, garantirà un’assistenza a trecentosessanta gradi, occupandosi di tutto, dal cibo, alle cure mediche, al supporto psicologico ecc…
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Un gruppo di cittadini si sta fortemente opponendo alla realizzazione di questo progetto e si è mobilitato con una petizione all’interno della quale gli stessi si dicono “preoccupati per un possibile allarme sociale con riferimento alla questione sanitaria, di igiene pubblica e alla sicurezza dei cittadini” e per tanto “CHIEDONO alla S.V., che l’ospitalità sia gestita in modo corretto, ovvero che la permanenza dei profughi sia attivata in strutture adeguate e controllate, evitando la collocazione in condomini e suddivisa in maniera equa su tutto il territorio comunale e non in un unico quartiere così come previsto finora”.
Potremmo trattare l’argomento da diversi punti di vista, analizzando ogni singolo aspetto che coinvolge una questione tanto delicata, da essere il tallone d’achille dell’intera Unione Europea. Potremmo parlare delle motivazioni che portano queste persone a scappare dalle proprie case, potremmo parlare di quello che devono subire anche solo per abbandonare il proprio paese, potremmo parlare di chi e come li ha strumentalizzati negli anni, potremmo ricollegarci poi al terrorismo, al dibattito religioso, all’Isis, agli attentati. Potremmo parlare di tantissimi argomenti, che spesso finiscono tutti insieme nel calderone di chi tende ad analizzarli con superficialità, ma proprio per non scadere in questo, possiamo semplicemente trattare l’argomento dell’accoglienza da vicino e lasciare i restanti a futuri dibattiti.
“Sei di Grassano se…”
Stiamo parlando di un Gruppo Facebook, nato poco più di un anno fa, con lo scopo di raccogliere al suo interno tutti gli aneddoti, le usanze, i modi di fare e di dire comuni alla popolazione grassanese. Una sorta di revival che, come tutti i fenomeni del web, ha preso piede a macchia d’olio in ogni singolo paese, città, borgo d’Italia, tanto da poterne contare uno o più per ognuno di questi.
Negli ultimi giorni la situazione sul gruppo è leggermente sfuggita di mano, o meglio, essendo il gruppo privo di gestione, si è semplicemente sfociati in anarchia e si fa a gara a chi la spara più grossa. L’argomento? Ovviamente, come su buona parte delle bacheche dell’italiano medio, si va dal razzismo, all’antipolitica, a post pro Movimento 5 Stelle o Lega Nord di Salvini e così via. Si potrebbe dire un pentolone di qualunquismo e di notizie nel 90% dei casi inventate, o strumentalizzate ad hoc. Ed è proprio questo uno dei primi problemi, nonché concausa di tanto accanimento: le discussioni e il confronto non avvengono mai sulla base di dati oggettivi, o di notizie verificate, bensì su presunte notizie shock propagandate da blog e siti internet che hanno il solo scopo di ottenere guadagni facili attraverso il clickbaiting (“Clickbait o clickbaiting, tradotto "Esca da click" è un termine che indica un contenuto web il cui scopo è quello di attirare il maggior numero d'internatuti, avendo come scopo principale quello di aumentare le visite a un sito per generare rendite pubblicitarie online. Generalmente il clickbait si avvale di titoli accattivanti e sensazionalisti che incitano a cliccare link di carattere falso o truffaldino, facendo leva sull'aspetto emozionale di chi vi accede. Il suo obiettivo è quello di attirare chi apre questi link per incoraggiarli a condividerne il contenuto sui sui social network, aumentandone quindi in maniera esponenziale i proventi pubblicitari. Fonte: Wikipedia – Clickbait).
Questo fenomeno, che sta contribuendo a creare tensione sociale e odio verso i più deboli, molto spesso viene fomentato proprio da politici locali, o esponenti di partiti locali, che dovrebbero piuttosto puntare ad un’informazione corretta ed imparziale. Le polemiche nascono sempre dal confronto fra la situazione precaria degli italiani e un’ipotetica impossibilità dell’Italia ad accogliere i flussi di migranti. L’errore sta proprio nel trattare entrambi gli argomenti sullo stesso piano e a contrapporli, come se l’uno contrastasse l’altro. Come ben sappiamo da anni, i dati sul mondo del lavoro in Italia non sono confortanti. La disoccupazione giovanile si aggira intorno al 40%, percentuale fra le più alte d’Europa, le persone che vivono in povertà assoluta su tutto il territorio italiano sono 4,6 milioni e le stime di mercato non ci offrono panorami rosei per il futuro. La rabbia e il malcontento, generati da questa situazione, non possono e non devono individuare, in chi si trova in condizioni peggiori delle nostre, il proprio nemico. Il nostro obiettivo e il nostro orgoglio, dovrebbe essere quello di accogliere i richiedenti asilo nel migliore dei modi, nel pieno spirito di inclusione e solidarietà che da sempre ha caratterizzato la comunità grassanese. Fu proprio Carlo Levi uno dei primi ad entrare a contatto con la bontà della gente di Grassano e a rimanerne affascinato a tal punto da trasformare un esilio in un soggiorno piacevole. L’errore nell’accostare due temi così delicati e così lontani l’uno dall’altro, sta anche nel fatto che la situazione precaria italiana dipende dalle politiche nazionali e grava sulle casse interne dello stato. I progetti di accoglienza e integrazione dei migranti a cui l’Italia, come altri paesi europei, ha preso parte, sono progetti finanziati totalmente con fondi europei e per tanto neanche un centesimo di quelli spesi è stato sottratto ad altri fondi, o ad altre politiche nazionali.
Solo per chiarire alcune delle cause che inducono i richiedenti asilo a rifugiarsi qui in Italia: negli ultimi 5 anni in Africa sono scoppiati, o si sono riattivati, almeno otto conflitti: in Costa d’Avorio, nella Repubblica Centrafricana, in Libia, in Mali, nel Nord-Est della Nigeria, in Congo, nel Sud Sudan e, in ultimo, in Burundi. Potremmo continuare col dire che sono tre i conflitti scoppiati in Medio Oriente (Siria, Yemen e Iraq), altrettanti quelli scoppiati in Asia, o ancora la Somalia, dove è l’organizzazione terroristica Al-Shaabab ad aver preso il potere e in cui la sopravvivenza dipende solo ed esclusivamente dagli aiuti umanitari. Per intenderci, dirgli di tornare a casa loro sarebbe esattamente come sparare sulla croce rossa. Di gran lunga peggiore è l’atteggiamento di chi scarica su di loro le colpe e le mancanze del sistema politico italiano, con quell’atteggiamento infantile di chi, incapace di risolvere i propri problemi, guarda al più debole e gli addossa tutte le sue insoddisfazioni.
Se mettessimo da parte l’aspetto etico e morale e provassimo a considerare in maniera opportunistica la presenza di 30 migranti nel nostro paese, ci accorgeremmo che per Grassano questa è un’occasione dalla quale potremmo trarne solo dei vantaggi. Realizzare un centro di accoglienza significa mettere in circolo nuovo denaro, far muovere l’economia e creare nuovi posti di lavoro in casa nostra. A questo si aggiunge la possibilità che nascano nuovi nuclei famigliari nel nostro paese, o che, anche solo alcuni dei richiedenti asilo, una volta regolarizzati, decidano di rimanere nel nostro paesino e di ricostruire qui la loro vita e il loro futuro. In una comunità come la nostra, che nel 2015 ha registrato la nascita di soli 27 bambini e la morte di 74 persone, questo potrebbe essere l’inizio di un’inversione di rotta, o almeno un modo per arginare questo rapido spopolamento.
E partendo da quello che è ormai diventato lo slogan di questa situazione “non ho nulla contro di loro, ma se ne devono tornare a casa!” vi chiediamo di provare per un attimo ad immaginare se da un giorno all’altro la vostra vita venisse svuotata di tutto, se vi ritrovaste a perdere la casa, la famiglia, il lavoro, in un paese in cui l’unica certezza è la morte e in cui l’unica realtà è la guerra, se davvero vi foste trovati anche voi nella solitudine primordiale di un uomo a cui non rimangono che le proprie ossa e la voglia di sopravvivere attaccata alla pelle, giurate che anche voi non avreste cercato un modo di sopravvivere, di fuggire, di ricominciare da qualche parte. Giurate con una mano sulla coscienza che non avreste cercato qualsiasi modo per potervi riscattare, per ritornare ad essere umani. Ma pensateci davvero. E non serve che mandiate i vostri figli all’università, che li vogliate medici o illustri professori, se poi gli servite ogni giorno pane e odio quotidiano, e voi, che a sedici, diciassette o diciott’anni li chiamate schifati “animali!” “negri di merda” etc… non serve che sognate di andare a lavorare lontano o progettiate Erasmus lontano da casa, se non avete ancora capito che la casa ognuno se la porta dentro e questa terra su cui muoviamo i nostri sporchi passi è di tutti, non solo di chi ci è nato sopra e se la sente tutta sua. Non serve che siate cristiani esemplari, che andiate a messa, che vi sentiate figli di un Dio, se chiudete le porte in faccia a gente che fugge dall’orrore di una guerra, se non avete l’umanità di rispettare qualcuno che condivide il vostro stesso cielo, ma vi preoccupate solo di alzare canti al cielo. Il vero cielo che in questo momento ha bisogno di voi è questo, ed è un cielo cupo, sporco, che ha bisogno di essere capito. E non serve neanche che ci vantiamo di essere un popolo accogliente e generoso, perché a fare a gara a chi dà di più a qualcuno che ha già tutto saremmo tutti bravissimi. Ma rimboccarsi le maniche per riempire il vuoto che si è impossessato delle vite di povera gente richiede uno sforzo più grande indubbiamente. Perché, se continuiamo a fare il popolo generoso solo con chi piace a noi, siamo davvero la gente della pizza e del mandolino. Perché, se davvero vogliamo che questa gente non sia costretta a rubare e delinquere come tanto temete, dovete capire che è necessario accogliergli a dovere, non come bestie da soma. E state tranquilli che nessuno verrà a oltrepassare i confini del vostro giardino, mai, ma magari i vostri confini mentali sì, vorremmo provarci a spezzarli per una buona volta, perché l’unica cosa che potreste fare in questo momento è fare tesoro di questa situazione trasformandola in esperienza di crescita. E la strada per la crescita, a quanto pare, è ancora lunga per molti, visto che non si sta discutendo su cosa sia giusto o cosa sia sbagliato, ma si sta cercando di difendere il diritto primitivo alla vita dalla bestia dell’arroganza e del pregiudizio infondato. “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”.
Restiamo umani.
Maria Rosaria Deniso
Domenico Deniso