Tradizioni pasquali

02.04.2015 14:43

                        
 

                   

Oggi, ha inizio il Triduo Pasquale e noi di Vox Populi abbiamo deciso di rianimare lo spirito di festa attraverso quello che è il racconto delle tradizioni tipiche di questo periodo, alcune delle quali non si sono perse.
Il Triduo Pasquale, con i suoi riti e celebrazioni, costituisce per i cristiani il cuore della liturgia come memoriale della Passione, morte e Risurrezione di Cristo, che è il culmine di tutto l’anno liturgico. Con il termine si fa riferimento ai tre giorni precedenti la Domenica di Pasqua. Secondo il Rito Cattolico Romano il Triduo ha inizio con i Vespri del Giovedì Santo e la celebrazione della Messa in Coena Domini e si conclude con i Vespri del giorno di Pasqua
Le celebrazioni principali sono la Messa vespertina («Cena del Signore») il Giovedì Santo; l’«Azione liturgica» il Venerdì Santo; la Veglia Pasquale nella notte del Sabato Santo e la Celebrazione della Pasqua nella giornata della Domenica. Il Papa a Roma presiede tutte le principali funzioni della Settimana Santa.
Oggi in maniera particolare, si celebra quella che fu “l’ultima cena” ed in tale occasione ha luogo la lavanda dei piedi. Gesto che viene ripetuto da anni nelle nostre parrocchie, cercando di riviver quelli che sono stati i momenti salienti della passione di Cristo. Molti sono i compaesani che per vari motivi, spirituali ed tradizionali, prendono parte vivamente a questa tradizione, incarnando quelli che erano i dodici apostoli, a cui il sacerdote simbolicamente “lava i piedi”. Al termine della celebrazione l’Eucarestia viene velata all’interno di un tabernacolo predisposto all’interno delle varie chiese per l’occasione.
Proprio intorno a quest’ultimo, possiamo riscoprire due vecchie tradizioni proprie di Grassano e del meridione. Una è quella dei famosi “sepolcri”, l’altra è quella del giro delle chiese durante la serata.
l termine “sepolcro” viene utilizzato ancor oggi nel linguaggio popolare di alcune regioni del Sud Italia per indicare quello che più propriamente andrebbe definito come “altare” o “cappella” della reposizione. L’altare della reposizione, per intenderci, è quello “spazio” della chiesa allestito al termine della “missa in cena Domini”. Le specie eucaristiche custodite nella cappella della reposizione (che verrà disfatta nel pomeriggio del Venerdì prima che cominci la liturgia della passione) rimangono tutta la notte a disposizione dei fedeli per l’adorazione. Il Santissimo Sacramento però non è osteso, ma celato all’interno di un apposito contenitore, mentre il tabernacolo, vuoto, rimane aperto, proprio a testimoniare l’assenza fisica di Gesù (lo sposo, infatti, secondo l’immagine evangelica, ci è stato tolto e il popolo è in lutto), quell’assenza che solo la fede nella risurrezione può riuscire a colmare.
La pia pratica dei “sepolcri”, che in molte altre zone sta conoscendo una progressiva flessione, continua invece ad essere particolarmente sentita. I “sepulcr”, come si dice in gergo, i si è usi adornarli con fiori e segni vari che richiamano l’ultima cena e la passione di nostro Signore, come i cosiddetti piatti di “sepulcru”, preparati dai fedeli nelle proprie abitazioni durante il periodo quaresimale riempiendo dei tondi con uno strato di stoppa o canapa imbevuto d’acqua e gettandovi sopra chicchi di grano, ceci, lenticchie e scagliola. I suddetti “piatti” vengono quindi posti in un luogo buio per consentire alle piantine di metter su rapidamente i germogli. Una volta cresciute, le pianticelle vengono legate con nastri rossi e poste ad ornamento dei “sepolcri”, quale simbolo della vita che nasce dal buio e che prorompe dal nulla con forza inarrestabile. Questo forse a simboleggiare la resurrezione del Signore.
“Il seme lasciato a macerare al buio da cui rinasce la vita è Gesù che, dopo il suo lungo calvario, entrato e uscito che fu dalle tenebre della morte, ritorna dopo la sua Resurrezione a vivere e a ridar vita e conforto al mondo intero. I piatti offerti il giovedì santo sono quindi augurio della sua Resurrezione, perché venga di nuovo a illuminare e a ridare gioia agli uomini”. Forse il più dotto dei teologi non avrebbe saputo trovare parole più belle di queste per esprimere il mistero della morte e resurrezione di Gesù. Ma in fondo non è quello che Gesù aveva detto ai suoi discepoli alla vigilia della sua passione: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane da solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12, 24)?
Per quanto riguarda la seconda tradizione, quella del giro per le Chiese, è un’usanza propriamente grassanese. I motivi per cui molti trascorrono cosi la sera del giovedì santo sono vari: chi per momenti di riflessione e preghiera davanti la piccola cappella , chi per ammirare la bellezza con cui quest’ultima viene adornata e chi magari per prendere spunto su come rendere migliore il proprio sepolcro l’avvenire, chi cerca di lasciare in quel tabernacolo le sofferenze di un anno e ti poter così trascorrere al meglio la Pasqua.

(Foto di Goffredo Grassani)                                                                                Francesco Linsalata