Un Meridione abbandonato
LAMENTO PER IL SUD
Cari amici di”Vox Populi Vox Dei ", vi saluto da Parma con le parole”LAMENTO PER IL SUD”*di Salvatore Quasimodo, grande meridionale e dimenticato premio nobel per la letteratura. Questo struggente lamento,che giunge da lontano portandosi dentro tutto l’amore per i luoghi lasciati,è dedicato a voi,ragazze e ragazzi volenterosi di Grassano, a tutte le donne e agli uomini che lottano per non far perdere la speranza ai nostri paesi, ai fratelli lucani, pugliesi, calabresi, siciliani, campani, abruzzesi,che dai loro territori, tutti i giorni, si impegnano per affermare l’esistenza di un altro Sud, che non chiede favori ma rivendica il diritto sacrosanto ad una esistenza dignitosa.
LE IDEE
Mi piace l’iniziativa di questa virtuale Agorà,spazio aperto ad interventi,discussioni e confronto,occasione per distrarsi condividendo momenti ludici e mi piace il vostro incipit ,"idee per Grassano".Le idee,avere delle idee,proporre delle idee, poterle sviluppare e farle crescere per poi condividerle,questo è in se un buon proposito. L’IDEA, nell'accezione platonica,indica un'essenza primordiale e sostanziale,la capacità di vedere,cioè di guardare le cose che ci stanno intorno in maniera diversa, originale. Avere delle idee presuppone la capacità creativa di pensare che ci sia ancora tanto da scoprire e da cambiare intorno a noi e nel mondo. In linea con il vostro desiderando,approfitto di questo spazio per lanciare alcuni spunti che spero diventino argomento di dibattito.
LA FINE DELL’ILLUSIONE
Sono stato da poco a Grassano, ci torno con l’entusiasmo di sempre,con la grande voglia di rivedere il mio paese,i paesaggi ammalianti,di gustare i nostri piatti,magari in compagnia degli amici di sempre,quelli che ognuno si porta nel cuore. Immancabile per ogni grassanese che vive lontano,è la visita al luogo che più di ogni altro sedimenta per sempre i nostri ricordi,il cimitero.
Basta un giro non distratto per capire quanto questo spazio emblematico sia diventato il paradigma della nostra terra . Al cimitero, con pochi sguardi capisci quale prezzo si è dovuto pagare al sogno,evaporato in pochi decenni,di un Meridione che voleva farsi moderno in modo da emancipare i suoi“cafoni”. Il cimitero del nostro paese si è riempito delle fosse degli operai,morti in nome del dio profitto, spartito tra pochi . L’altro archetipo,segno della decadenza, è il nostro Corso desolato, oggi è una lunga passeggiata dove non si odono più i passi di un’intera generazione. Strada vuota di gente che la riempiva, felice per il posto al sole conquistato. Gli scomparsi,tutte le mattine alle quattro si davano convegno davanti al bar in quella che una volta era Piazza San Domenico,prendevano un autobus che li avrebbero portati giù nelle fabbriche chimiche della Valle del Basento. Luoghi dove guadagnarsi insieme al salario, la condanna quotidiana a lavorare, respirare,bere e mangiare in luoghi carichi di sostanze cancerogene che autorità compiacenti/conniventi definivano vergognosamente innocue. Alla fine del loro turno di lavoro,li distinguevi perché in mano avevano un mezzo litro di latte,antidoto ai veleni che inconsapevolmente erano costretti ad ingerire . Al cimitero e in paese,come in una interminabile e personale Antologia di Spoon River , guardo e riconosco i malati da lavorazioni tossiche,mi vengono alla mente i loro sprannomi,le loro storie,i legami famigliari,gli aneddoti che li caratterizzavano. Hanno la stessa età di mio fratello,sono i sopravvissuti all’ecatombe post industriale. Non potendo rifugiarsi alle Maldive o alle Mauritius come i capitani d’industria e i boiardi di stato che li hanno rovinati, sopravvivono in questi territori vilipesi ma tanto amati.
Questo è il lascito del secolo breve per chi non era stato costretto ad emigrare. Oggi,la parabola discendente del processo di globalizzazione industriale con la sua corsa sfrenata alla massimizzazione dei profitti,ha trovato altri sud del mondo dove spostare le proprie produzioni nocive. La fine dell’epoca delle false illusioni che ha sconvolto l’esistenza di tanti individui con i suoi effetti non solo di natura economica ma politica e culturale ha scaricato ancora una volta le sue macerie non solo su Grassano ma su tutto il Nostro Sud,come succede da fin troppo tempo.
LE RESPONSABILITA’
Dopo questa triste narrazione,cosa dire a chi, per miope arroganza o per miseria etica ed intellettuale ,sostiene che bisogna mettere una riga sopra al passato e ripartire?
Di fronte ai problemi enormi con cui ci si deve confrontare, quel tipo di approccio denota ancora una volta la capacità di trasformismo della nostra classe dirigente. Prima ancora di parlare di ripartire,di trasformazione,di progettazione di nuovi percorsi,ci sia l’urgente bisogno di individuare le responsabilità per quanto accaduto . Lo dobbiamo ai tanti che hanno perso i propri cari,a quelli che hanno perso la speranza,ma soprattutto bisogna farlo per non incorrere negli stessi errori del passato.
Le condizioni del nostro presente,non sono attribuibili ad un qualsivoglia maleficio della natura matrigna ovvero ad un accanimento terapeutico della “sfortuna”.Quanti dei nostri "bravi amministratori"che si sono succeduti per decenni,hanno fatto le brave scimmiette,cieche sorde e mute di fronte ai disastri?
Quanti si sono mostrati incapaci di pensare a ciò che stava succedendo ovvero capaci di fare i loro comodi con arroganza nei confronti dei più deboli?
Spesso la loro cifra è stata l’inerzia,la complicità,le connivenze,gli atteggiamenti omertosi. Il tutto funzionale a coprire i propri interessi in gioco, fossero terre da concedere in sfruttamento o altre ricchezze collettive da svendere. Distratti in altre faccende,non vedevano che intere zone erano condannate a subire un progressivo depauperamento, che i paesi si spopolavano,che l’abbandono delle terre coltivabili si portava con se una conseguente perdita della memoria del territorio.
Non vedevano che il lascito dell’epopea dello sviluppo, con le magnifiche sorti e progressive della chimica,erano intere aree “morte”,con uno skyline da archeologia industriale fatta di ruggine ed eternit, montagne di scorie e macerie,veleni intombati e paesaggi scempiati. L’impoverimento e il degrado del suolo,il ciclo delle acque e gli ecosistemi vegetali compromessi ,gli squilibri ambientali che acceleravano e rendevano sempre più grave la diffusione del fenomeno della desertificazione. Mentre tutto questo accadeva, Lor Signori non smettevano di dare in concessione alle multinazionali dell'energia i nostri luoghi e queste potevano indisturbate coltivare e perforare giacimenti petroliferi anche in un Parco Nazionale. Senza bisogno di andare molto indietro con la memoria,vedete quello che hanno in programma di fare vicino Grassano. Nei comprensori di Grottole, Pomarico ,Ferrandina e Pisticci,in aree notoriamente già disastrate per la presenza dei giacimenti dismessi dell’Eni,hanno autorizzato una società russo-bresciana,la Geogastock ,allo stoccaggio nei pozzi dismessi e mai bonificati ,di 1,8 miliardi di metri cubi di gas. La scusa per questa brillante operazione è che forse occuperà la bellezza di 19 persone, portando nelle casse della Regione Basilicata la favolosa cifra di 11 milioni di euro. Ai comuni interessati verrà concessa una sporca elemosina una tantum di un milione di euro mentre,la Geogastock,ne metterà in tasca 400 milioni,di profitto .
Hanno permesso alle mafie dell'eolico di installare sulle terre demaniali delle mostruose pale,a centinaia e in ogni dove, poi con cattivo gusto li hanno definiti parchi eolici. Pensate che qualcuno di loro guardando verso le colline di Grottole,dietro Irsina o il Parco delle Dolomiti Lucane si sia preoccupato del danno ambientale e paesaggistico che si lasciava dietro?
E i tanti comprensori destinati allo smaltimento selvaggio di rifiuti tossico-nocivi ,il più delle volte provenienti dal nord?
La discarica di Pomarico, che fine hanno fatto i 119 tir carichi di rifiuti urbani inzuppati con liquidi tossico nocivi?
Scomparsi nel nulla,tanto quanto i centinaia di fusti buttati nelle discariche illegali di Policoro e di Marconia di Pisticci. E gli smaltimenti in Val d’Agri, quelli lungo il corso del Basento,e il cimitero che è diventato Tito con tutto il suo territorio?C’è da ammalarsi al solo pensiero che queste consorterie, che vivono negli stessi luoghi,possano aver concepito questi obbrobri con la complicità delle mafie e dei virtuosi imprenditori del Nord.
Per affondare fino in fondo la lama in modo da esorcizzare il male, mi chiedo,quando permettevano l’imbrigliamento sconsiderato dei fiumi,la loro costrizione in dighe che ne prosciugavano i letti a valle,quella gente non aveva nessuna idea dello scempio che ne sarebbe derivato?
Guardando verso valle,abbiamo davanti ai nostri occhi il Basento,un fiume che con le sue abituali inondazioni permetteva la messa a coltura di terreni altrimenti aridi,recuperati alle aree golenali e ai calanchi argillosi e il cui limo rendeva fertile la terra, tanto da poterci coltivare”i giardini”. Le sue acque di risorgiva venivano bevute senza problemi,la sua generosa fauna regalava quintali di anguille e capitoni, vanto e orgoglio dei contadini-pescatori dei paesi affacciati sulle colline sovrastanti il suo corso.
Oggi,dopo due giorni di piogge intense, il Basento ridotto a sporco e inquinato rigagnolo per gran parte dell’anno,diventa un mostro che si porta via case,ponti,strade e ciò che resta dei giardini. E il fiume Bradano costretto da briglie dighe dighette e paratie varie? E’ diventato un misero insieme di pozzanghere che non permette la sopravvivenza neanche ad una carpa cieca,quando però si abbatte sul meta pontino,lo fa con la violenza di uno tsunami.
A valle le foci dei fiumi sono state canalizzate e cementificate in modo incosciente, distruggendo centinaia di ettari di pineta che facevano da casse di espansione alle piene e garantivano alla massa d’acqua una immissione in mare lieve. Qualcuno si meraviglia che le spiagge,considerate fino a pochi anni fa alla stregua delle californiane, vengano irrimediabilmente erose dalla forza delle correnti”impazzite”.
Avviandomi alle conclusioni di questa prima parte del mio intervento dico che purtroppo le voragini che non si aprono mai, sono quelle nella coscienza di chi le tragedie non le ha mai volute vedere,che ha sempre saputo e complice ha taciuto. Noi creduloni lucani a cui tutto è stato sottratto, abbiamo ricevuto in cambio la compagnia di sempre,la povertà.
Per tutto quanto avvenuto è importante stabilire le responsabilità, storiche e non solo,per non dimenticare.
Rocco Luberto
LAMENTO PER IL SUD
La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve.
Il mio cuore è ormai su queste praterie,
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell'aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi,
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d'acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
E questa sera carica d'inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d'amore senza amore.
Salvatore Quasimodo.