Carlo Levi e Grassano

                                             CARLO LEVI e GRASSANO

                       

Con decreto del 15 luglio 1935, della Commissione provinciale di Roma per l’assegnazione al confino di polizia, Carlo Levi fu condannato a tre anni di confino da scontarsi a Grassano, dove giunse il 3 agosto. Già il 5 agosto Levi così scriveva:

“... Grassano è in cima a un colle a lentissimo declivio... Le colline sono tutte coltivate a grano; per i campi lavorano le trebbiatrici e passano a cavallo i contadini per recarsi ai campi lontani. E come è gradevole contemplare dalla mia stanza, attraverso le fitte reti antimalariche delle finestre, il passeggio sulla via del paese, o il pacifico passar delle capre, o veder le donne attingere acqua nei barili (varricchii)”.

La vita del borgo lucano è ritratta con vivacità da Levi nel “Cristo si è fermato a Eboli”: il locandiere, la sua famiglia e gli avventori della locanda Prisco, il Caffè Brandi (ora Bar del Dollaro). Tra la locanda Prisco e il Caffè Brandi i famosi “duecento passi” leviani, che, negli Anni ’30, segnavano lo spazio entro cui si svolgeva “tutta la vita mondana” del paese. In quello spazio si fa ammirare oggi Palazzo Materi, nei pressi del quale, Carlo Levi ricevette le confidenze del Tenente Decunto sul brigantaggio e sulle famiglie colluse che ne trassero profitto, ma poi salendo per lo scalone vicino all’ex Caffè Brandi, per via Chiesa, si arriva alla sommità del paese dove svetta la Chiesa Madre, “la chiesa battuta dal vento donde l’occhio spazia in ogni direzione su un orizzonte sterminato”.
Lo sguardo si avventura oltre la vallata del Bilioso e del Basento, si possono distinguere i numerosi paesi di Puglia e Basilicata, intravedere le cime aguzze delle Dolomiti Lucane e “lo sfondo lontano e piatto del Tavoliere delle Puglie”. Sotto la chiesa i “Cinti”, area di grotte adibite a cantine, di notevole interesse geologico e di particolare suggestione, che ispirarono a Levi la “Strada alle grotte” e “Dietro Grassano”. La presenza di Levi è ancora più viva, se, scendendo in Via Capolegrotte, si giunge al n° 19, dove si trova la casa di proprietà della famiglia Schiavone dove Levi si trasferì dopo la permanenza nella Locanda Prisco

(Notizie da web)