Origini e sviluppo di Grassano

Testo di Giovanna Santarcangelo tratto da “Grassano e il suo territorio”, Tesi di Laurea,  Università degli studi di Bari, Facoltà di Magistero, a.a. 1973-74, pp.35-40.

 .E’ tradizione orale che Grassano fosse punto di transito sulla via Appia, come confermerebbe la scoperta di una tomba Romana a sette chilometri dal centro abitato. […] Dal 1200 al 1500, l’abitato è raccolto attorno ad una specie di fortilizio costruito dal Commendatore del Sovrano Ordine Militare di Malta.
Dal 1500 al 1600 l’abitato si allarga per effetto della immigrazione di alcuni galantuomini e contadini provenienti dai comuni viciniori, estendendosi verso la “Chiazzodda”, occupando quasi tutta l’area a Nord del Corso.
Tali costruzioni non hanno forma caratteristica alcuna, solo un agglomerato di case atipiche, abitate dagli immigrati dei paesi vicini ed adatte ad una economia basata sulla pastorizia.

Grassano. Centro storico, Foto dell'Architetto Angelo Allegretti, agosto 2005

Grassano. Centro storico, Foto dell’Architetto Angelo Allegretti, agosto 2005

All’inizio del XVII secolo, l’abitato, che ha già riempito tutto lo spazio idoneo alle costruzioni, cerca di svilupparsi oltre l’antico tracciato della via Appia, formando così quartieri di casette ad Est ed Ovest dell’oliveto Materi, situato allora sotto il Corso.
A quest’epoca si fa risalire la costruzione di una cappella sulla via Appia (Madonna della Neve) dove sembra si sia fermato San Giuseppe da Copertino.
Contemporaneamente, si costruiscono file di case lungo l’attuale via Roma e si sostituiscono, alle casette che si allineavano lungo il corso, i palazzotti dei galantuomini del momento. Il più sontuoso di tutti è il palazzo Materi, posto proprio sul largo della Chiazzodda. Si costruiscono, probabilmente in quest’epoca, il palazzo Bonelli, il palazzo Falconi, il Palazzo Caputi, il palazzo De Felice e, sui ruderi dell’antico Fortilizio, si costruisce la chiesa matrice.
Il Palazzotto rimane atipico mentre le casette dei braccianti danno un volto organico al paese, servendosi della tipica cannizza, tetto di canne ricoperto di calce.

Nel XIX secolo al “lammione”, versione moderna della “Casedda”, si addossa la “Casa Soprana”, mentre le nuove case si costruiscono lungo la curve di livello parallele al Corso del Basento, sull’asse Est-Ovest.
Nel 1874, il grassanese Salvatore Cuscianna fa edificare, nel corso Umberto I°, la chiesetta dedicata alla Madonna di Pompei detta volgarmente “Madunnedd”, architettata e stuccata da Federico Pontrandolfi. Nel 1876, Innocenzo Vignola fa costruire il palazzo Ferri lungo la via Appia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le costruzioni scavalcano la via Meridionale e raggiungono l’Appulo-Lucana.

Attualmente, il nucleo storico del paese risulta disabitato del tutto, per forte emigrazione e per la tendenza dei giovani a cambiare residenza e a modificare i propri consumi, primo fra tutti quello della casa.
Fa riscontro a questa situazione la nascita , vicino al vecchio centro, di un secondo paese, cioè di due Grassano.
Evidentemente, tra il vecchio centro e la parte nuova, esiste una frattura che è data dal rifiuto che una parte della popolazione decreta al vecchio in favore del nuovo. Da qui l’antitesi fra le due Grassano.

In questo contesto, il punto di congiunzione fra i due corpi urbani non poteva più essere riconosciuto nel corso Umberto perché troppo inglobato nel vecchio centro. Neppure era pensabile che potessero crearsi in una comunità povera, come quella di Grassano, due strutture di servizio, due piazze, due mercati. In modo, diciamo così, naturale il nuovo Piano Regolatore ha trovato il punto di congiunzione sulla via Meridionale: una specie di terra di nessuno, anche se per gli abitanti del vecchio centro questa localizzazione spontanea di servizi appare, a volte, troppo lontana e scomoda, specie per chi abita sulla sommità della collina.

Dal punto di vistar urbanistico, il tentativo di compiere non può essere che quello di demitizzare la contrapposizione tra le due Grassano e saldare situazioni solo logisticamente differenziate, ma del tutto analoghe socialmente ed economicamente per restituire alla collettività un progetto unitario di ricomposizione dell’organismo urbano che sia, nello stesso tempo, una proposta di sviluppo economico.