Storie di Briganti a Grassano

                                      GRASSANO E IL BRIGANTAGGIO                                                             

Ho conosciuto la signora Francesca Maglietta, vedova Lacertosa, verso la fine del settembre 1996, nella sua bella casa di via Capolegrotte in Grassano. Era già pomeriggio inoltrato quando sono arrivato da lei, accompagnato da suo figlio Antonio, che vive a Potenza ed è cugino della moglie di mio fratello. Ad Antonio avevo già chiesto da tempo di poter incontrare la sua mamma, della quale lui stesso mi aveva detto che ricordava vecchie storie paesane, compresi episodi del brigantaggio che nel secolo scorso avevano coinvolto componenti della sua famiglia; del resto, essendo l'ultima superstite tra i parenti della sua generazione, rimaneva solo lei a conservare la memoria storica dei Maglietta e dei Lacertosa. Tutto questo mi aveva molto incuriosito ed interessato. Prima ancora di bussare, vedemmo la signora Francesca sola, seduta dietro la porta a vetri della grande casa che il padre ingegnere aveva progettato e costruito nel 1871, a guardare il tramonto che era già iniziato; al di là della strada, pulitissima e silenziosa, che è ai margini dell'antico centro del paese, si scorgeva tutta la fila di montagne che sono poste sulla sponda destra della fiumara (il Basento) e si riusciva ad intravedere Calciano, Tempa Cappuccio, Monte Cuccaro, Salandra, S. Mauro Forte e perfino l'altopiano di Matera. La signora Francesca è una donna minuta, linda di aspetto, vestita severamente di scuro e vivace quanto glielo consente l'età; è più vicina ai cento che ai novanta. Stupita nel vederci arrivare senza preavviso, abbracciò il figlio, gli chiese notizie dei nipoti di Potenza, poi mi osservò con curiosità.
La signora mi sorrise, mi fece sedere accanto alla sua poltrona ed i suoi racconti iniziarono con il ricordo del padre ingegnere, che lei giovanissima accompagnava nelle campagne per giornate intere, a piedi o con lo "sciaraballo" con il compito di portare i suoi strumenti di lavoro: il compasso di legno, l'asta con lo squadro, i paletti, le carte ed altro ancora.
A questo punto i ricordi cominciarono a confondersi e saltarono ad un altro argomento: la festa di " Sant'Nucenz", protettore del paese, che cade giusto nel mese di settembre. Alla mia domanda se la festività, in tanti anni fosse rimasta la stessa, la signora mi rispose che ai suoi tempi era tutta un'altra cosa; una maggiore partecipazione di popolo e soprattutto il rinnovarsi, ogni anno, dello spettacolo di tantissimi paesani che aprivano la processione accompagnando cavalli e muli carichi di grano, frutta e vino, che erano le offerte per sostenere le spese della festa, e che si conservavano, dopo aver fatto il giro di tutte le strade, "ne magazzino di Sant'Nucenz", a fianco della Cattedrale. A costo di essere scortese, con la complicità di Antonio chiesi ancora alla signora se ricordasse qualche storia di briganti, e subito si riaccese la memoria su fatti che erano avvenuti ancora prima lei nascesse e che le aveva raccontato la madre: "Mio padre, che era ancora studente, intorno al 1865 fu sequestrato dai briganti mentre era al lavoro nelle campagne e fu tenuto per quasi quaranta giorni. Non appena fu preso, alla mamma fu consegnata un biglietto, di cui ricordo qualche parola: Gentile signora, non aver paura, vostro figlio è nelle nostre mani lo riporteremo sano e salvo quando lo diremo noi". E il racconto continua: "Mio padre, prima di essere liberato, fu portato in una grotta dove erano nascosti tutti i proventi di furti e rapine e gli fu detto di scegliersi qualsiasi oggetto avesse voluto; lui prese soltanto un bastone animato che conteneva, all'interno, uno spadino". Ma la signora Francesca mi diede anche la spiegazione di questo sequestro anomalo, terminato senza pagare alcun riscatto: "Quei briganti non sapevano leggere e né scrivere, per cui mio padre fu preso solo perché scrivesse i loro messaggi e leggesse quelli che a loro arrivavano". Ma c'era dell'altro nelle memorie di famiglia e così continuò il racconto: "Si è sempre ricordato in casa nostra il rapimento di mio suocero Giovanni Lacertosa e questo fatto avvenne qualche anno prima. Venne preso nella masseria di Siggiano e fu tenuto legato per qualche tempo ad una quercia da alcuni briganti, mentre gli altri della stessa banda si recavano in casa Lacertosa, a Grassano. Trovarono la moglie, Maddalena Vignola, e minacciarono di uccidere il marito se non avesse consegnato tutti i soldi e gioielli che tenevano in casa. Nella foga, uno dei briganti strappò a mia suocera gli orecchini procurandole due tagli alle orecchie, e questo fatto veniva sempre ricordato tra i parenti". A questo punto si spezzò il filo dei ricordi di donna Francesca, ma era già tanto per convincermi che valeva la pena di approfondire le notizie su questi personaggi del passato.

Tratto da: "Storie di Galantuomini, soldati e Briganti del 1960" - Vincenzo Perretti